Inchiesta Jonny, Riesame: restano in carcere Don Scordio, Sacco e i fratelli Poerio.

 

Cara Crotone

 

Il Tribunale del Riesame di Catanzaro ha confermato le misure cautelari richieste dalla DDA del capoluogo di provincia nei confronti dei 68 indagati coinvolti nell’inchiesta Jonny, salvo due di questi dei quali uno e’ un appartenente al corpo di Polizia Penitenziaria.

Restano dunque in carcere i responsabili della Misericordia calabrese coinvolti nell’inchiesta sul CARA di Isola di Capo Rizzuto, in provincia di Crotone, tra i quali il vice governatore Leonardo Sacco, il responsabile del CARA don Edoardo Scordio ed i fratelli Antonio e Ferdinando Poerio, soci della Quadrifoglio srl.

Sono stati invece disposti i domiciliari per l’agente della Penitenziaria che, secondo le indagini, sarebbe accusato di avere riferito ai boss in carcere le ambasciate provenienti dai responsabili del CARA.


Infranto il muro di omertà sulla gestione illecita del CARA

Dopo anni di denunce giornalistiche e di interrogazioni parlamentari sulle condizioni di vita e la gestione del CARA di Isola Capo Rizzuto, finalmente la cappa del malaffare è stata sollevata.

Un ruolo determinante lo hanno avuto a questo proposito, oltre al procuratore Nicola Gratteri, due collaboratori di giustizia, Giuseppe Giglio e Santo Mirarchi. Secondo questi sia Sacco che Don Scordio avrebbero garantito alla cosca degli Arena di Isola l’ingerenza nella gestione del CARA.

La rilevanza nazionale della cosca Arena è confermata non solo dalla recente confisca avvenuta proprio ad Isola di un parco eolico del valore di 350 milioni di euro, parco intestato a soggetti riconducibili alla cosca in oggetto. Ma anche dalla spartizione delle attività criminali nell’area di Catanzaro con la cosca Grande Aracri, della quale Nicolino Grande Aracri sarebbe, secondo alcune intercettazioni relative all’inchiesta Aemilia, il numero due della ‘ndragheta a livello nazionale.

Ciò premesso, nell’inchiesta Jonny la vicenda del CARA ha rappresentato solo uno dei capitoli delle indagini sul clan Arena. Altri capitoli hanno infatti riguardato la gestione delle slot machine e delle video lottery su tutta la provincia di Crotone, oltre che sulla parte ionica della provincia di Catanzaro.

Gli interessi criminali degli Arena spaziano in campi che vanno dal traffico e dalla vendita di reperti archeologici delle zone di Isola e di Capo Colonna, fino ad arrivare alla gestione di giochi online da parte di società offshore con sede a Malta, con il possibile loro impiego in ambito di riciclaggio.


Il ruolo degli Arena nella gestione del CARA

L’intervento degli Arena nella gestione del centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto ha riguardato principalmente le attività di catering e di pulizia. Le indagini hanno potuto accertare come fino al 2006 tali attività fossero gestite da piccole società operanti in zona. Ma a partire dal 2011 la gestione dei pasti veniva affidata alla società Quadrifoglio srl, che risultava in seguito riconducibile a Leonardo Sacco ed ad Antonio e Ferdinando Poerio.

Dall’attività intercettiva del ROS dei carabinieri di Catanzaro è emerso come questi tre abbiano versato soldi ad alcuni esponenti degli Arena, in base ad un accordo spartitorio prestabilito. Attualmente sono in corso ulteriori indagini tese a verificare se vi siano collegamenti tra la gestione del CARA di Isola e quello di Lampedusa, entrambe affidati alla Misericordia.

Le prime indagini sul CARA di Isola risalgono al 2004, alle quali ha fatto seguito nel 2007 un’ulteriore attività investigativa. Ed è da quest’ultima che sono emersi contatti telefonici tra il Sacco e la cosca Gentile di Crotone, legata a quella degli Arena.

Ma le prove raccolte erano ancora solo indiziarie. Bisognerà attendere il 2015 per la svolta vera e propria all’indagine, svolta che avviene il 21 luglio.

E’ in questo giorno infatti che la procura di Crotone trasmette il procedimento n.4147/21 con il quale vengono autorizzate ulteriori intercettazioni al ROS di Catanzaro.

Un contributo importante è stato fornito all’indagine anche dalla Guardia di Finanza di Crotone, che a seguito di indagini è riuscita a valutare l’ammontare dei fondi distratti dalla gestione del CARA da parte degli Arena.

Nel 2016 i due collaboratori Giuseppe Giglio e Santo Mirarchi hanno poi confermato l’ipotesi accusatoria elaborata dagli investigatori, con lo specifico loro contributo nella ricostruzione dell’attività di falsa fatturazione e nell’individuazione delle società cartiere. Tale attività veniva finalizzata alla creazione di fondi neri da parte dei gestori del CARA, fondi che venivano destinati alla cosca Arena.


L’intervento in commissione antimafia del deputato PD Bossio

La settimana scorsa, il venti giugno, assieme al Procuratore Gratteri è intervenuta in commissione antimafia la deputata PD Enza Bruno Bossio, che ha riferito in merito alle supposte coperture e complicità delle quali l’organizzazione che gestiva il CARA di Isola avrebbe goduto.

Dopo una prima ispezione con preavviso con esito negativo da parte del sottosegretario alla Giustiza on. Gennaro Migliore, ve ne sarebbe stata una successiva, sempre al Cara in oggetto, da parte dell’on.Bruno Bosso. In entrambe le occasioni non sarebbero state riscontrate quelle irregolarità più volte denunciate da associazioni e giornalisti.

A queste visite ne fa seguito una successiva il 22 maggio 2015, questa volta senza preavviso, e lo spettacolo che viene offerto è indecoroso:  1700 persone ammassate la più parte all’interno di containers, dove i posti previsti sono in totale 729. Senza possibilita’ di garantire una suddivisione per genere ed etnia, e il tutto in condizioni igieniche inadeguate per via della mancanza di un riscaldamento, di un servizio di pulizia e per via del danneggiamento dei sanitari. Tutto in violazione del capitolato d’appalto approvato il 21.11.2008.

A tutto questo si aggiungeva anche la mancanza di un collegamento di trasporto tra il CARA ed i centri abitati più vicini, la presenza di personale addetto al CARA in numero insufficiente e non adeguatamente preparato, oltre all’ inadeguatezza del servizio di mediazione culturale e di informazione legale sul diritto di asilo.


L’interrogazione parlamentare

In una interrogazione parlamentare del 26.03.15 (n.4-08566) della deputata Bruno Bossio viene sottolineato, oltre alle criticità indicate, anche il fatto che la gestione di quel Cara da parte della Misericordie d’Italia sia decennale.  Inoltre nel capitolato relativo all’ultima gara triennale indetta nel 2012 dalla Prefettura di Crotone, gara vinta dalla Misericordia per un importo pari a 28.021.050, viene quantificata la cifra erogata dallo Stato per ogni ospite per un importo pari a 21,4 euro, nonche’ la cifra corrispondente al pocket money in 2,50 euro giornalieri.

Nell’indagine Arcipelago CIE dell’Associazione Medici per i Diritti Umani la cifra in questione viene giudicata come la più bassa tra quelle erogate nei vari CARA presenti in Italia. Ed anzi come questa sia stata sostituita con la distribuzione giornaliera di un pacchetto di sigarette.

L’interrogazione parlamentare dell’on Bruno Bossio ha rappresentato l’occasione per evidenziare come il centro di Isola non disponesse, in occasione dell’ ispezione, di un sistema informativo capace di calcolare in tempo reale il numero effettivo degli immigrati ospitati. Tale mancanza avrebbe permesso ai gestori del centro di lucrare in maniera indisturbata sia sui costi effettivi che sul pocket money.


La risposta del Governo

Nella risposta scritta, datata 24 settembre 2015, fornita dal governo nella persona sottosegretario all’Interno Domenico Manzione, si fa riferimento a come il CARA di Isola sia da tempo interessato da un complesso progetto di riqualificazione che ha consentito la totale dismissione dei vecchi container, in favore di moderni moduli abitativi “pienamente rispondenti agli standard di un centro di accoglienza ove i richiedenti asilo devono essere ospitati per il tempo necessario all’esame della domanda di protezione“.

Sono state anche attivate – si legge ancora nella risposta – due ampie mense e un’infermeria rispondente a tutti i requisiti di sicurezza sanitaria e tutela della privacy“.

In merito ai servizi igienici e di collegamento con i centri abitati, si fa presente come siano stati “completati alcuni interventi di urbanizzazione e adeguamento ambientale e igienico sanitario, anche esterni al Centro, come il percorso pedonale e  l’illuminazione della statale 106“.

Si fa presente inoltre come di fronte all’ingresso del Centro sia stata prevista una fermata per l’autobus di linea, con la predisposizione di servizi bus integrativi con corse pubbliche per quanto riguarda i collegamenti con i comuni di Isola e di Crotone.

In merito al pocket money, il governo fa presente come a seguito della visita effettuata nel luglio 2013 dalla commissione Praesidium sia emerso che nel periodo compreso tra il gennaio 2011 ed il maggio 2013 non vi sia stata alcuna distribuzione delle somme dovute a ciascun immigrato.

Somme che in base al capitolato d’appalto avrebbero dovuto corrispondere a 2,50 euro pro die pro capite.

Secondo quanto accertato nella visita del luglio 2013, sulla base del flusso di ospiti registrato in tale periodo, è stato evidenziato come la quantità di danaro complessivamente sottratta agli immigrati corrisponda a circa 2 milioni di euro, somme non pagate dal gestore sulla base di stima effettuata su di una permanenza media di ciascun ospite pari a 21 mesi.

Nella verifica effettuata dalla Prefettura di Crotone sulle irregolarità relative alla distribuzione giornaliera del buono da 2,50 euro si sottolinea come tale cifra da capitolato dovesse corrispondere ad una “tipologia di beni da erogare all’interno del Centro a cura del gestore” e dunque, scrive la Prefettura, non necessariamente da denaro.

Da un controllo sulle schede relative ai migranti ospitati nel centro a partire dall’agosto 2011e fino al ripristino del sistema bedge, sistema distrutto nell’agosto 2011 a seguito di una protesta dei migranti stessi, è emersa una incongruenza per 20 mila euro, cifra in seguito recuperata dalla Prefettura nei confronti del gestore.

Fatte salve le altre contestazioni rivolte al gestore e riferite alle ulteriori violazioni riscontrate nel capitolato d’appalto. 


 Chi sono i due collaboratori

Si diceva all’inizio di come le dichiarazioni dei due collaboratori abbiano giocato un ruolo determinate nell’inchiesta.

Il primo di questi, Giuseppe Giglio, è un imprenditore che attualmente risulta essere l’unico tra tutti gli imputati coinvolti nell’inchiesta Aemilia ad avere scelto di collaborare con gli inquirenti.

Già condannato con rito abbreviato a 12 anni e mezzo per avere gestito per diversi anni numerose attività riconducibili alla famiglia Grande Aracri, tutte attività lecite frutto del reinvestimento dei proventi illeciti della cosca, sarebbe stato soprannominato in forza di questa sua dote non indifferente “il bancomat”.

A Giuseppe Giglio ed al fratello Giulio sono stati sequestrati beni per 20 milioni di euro.

Il secondo collaboratore è Santo Mirarchi, referente degli Arena per la zona sud di Catanzaro, che oltre ad avere riferito delle attività estorsive esercitate in quell’area, si sarebbe accusato dell’omicidio e della distruzione del corpo di Luigi Grandè. (cm)

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