Carlo Palermo, una vita per la legalità e la giustizia

Barbara Rizzo Asta Giuseppe e Salvatore

Quel 2 aprile del 1985, il giorno dell’attentato di Pizzolungo, erano passati appena quaranta giorni dal suo trasferimento da Trento a Trapani. Eppure l’eco della sua fama di magistrato coraggioso l’ aveva preceduto anche in quell’angolo di Sicilia. A 33 anni Carlo Palermo era già giudice istruttore a Trento. Nel 1984 segue l’indagine più importante e pericolosa della sua carriera, un traffico internazionale di droga e di armi, legato a Roberto Calvi e al Banco Ambrosiano, in cui il ruolo chiave viene svolto da alcuni ufficiali dei servizi segreti italiani e stranieri, iscritti alla P2. Gli scambi vengono schermati attraverso operazioni estero su estero, il tutto orchestrato da alcune banche svizzere. Le indagini chiamano in causa alcune società legate al PSI di Bettino Craxi. In particolare l’inchiesta coinvolge alcuni dei personaggi incaricati dall’allora segretario del partito socialista di finanziare il partito, i vari Silvano Larini, Gianfranco Troielli e soprattutto il finanziere bocconiano Mach di Palmstein. Craxi, allora presidente del consiglio, riesce a fermare l’indagine attraverso un esposto al CSM. Dall’ esposto parte un’indagine disciplinare ai danni del giovane giudice istruttore.

A seguito di successivi esposti, l’inchiesta viene avocata alla Procura di Trento e affidata a quella di Venezia, dove, in sede di appello gli imputati, condannati in primo grado, vengono tutti assolti. Dopo poco Palermo viene trasferito a Trapani, dove viene inizialmente ospitato all’interno di una base militare, che però è costretto a lasciare. Da questo momento inizia quel lungo calvario, di cui l’attentato di Pizzolungo rappresenta solo il momento più clamoroso. Costretto a trovarsi un alloggio a 10 chilometri da Trapani, sede di lavoro, è sottoposto ogni giorno, lui e la sua scorta, a lunghi spostamenti, con rischi di attentato molto elevati. Malgrado il trasferimento, le minacce non si fanno attendere, e non appena mette piede nella sua nuova casa, comincia e subire una fitta serie di telefonate anonime. Le minacce sono chiare, si parla di far saltare in aria la sua macchina, ma, nonostante l’evidenza, lo Stato non ritiene di dovere intervenire, negandogli l’auto blindata. Qualche giorno più tardi, transitando lungo la strada che collega Pizzolungo a Trapani, la sua auto viene investita da una potentissima esplosione, proveniente da un’auto bomba parcheggiata nottetempo lungo la strada. Il giudice e la sua scorta ne escono fortunatamente illesi. Non sarà così per una giovane mamma, Barbara Rizzo Asta, e i suoi due bambini, Giuseppe e Salvatore.

I tre, al momento dell’esplosione, stavano transitando nel senso inverso di marcia, a bordo di una piccola utilitaria. L’esplosione li travolgerà in pieno, senza lasciare loro alcuno scampo. La piccola utilitaria, investita dalla deflagrazione, farà da scudo all’auto del giudice. Da quel giorno l’ex magistrato sente il peso enorme di quel sacrificio: tre vite, di cui due giovanissime, spezzate, e, di contro, altre tre sopravvissute all’esplosione. Quaranta giorni dopo l’attentato, Carlo Palermo lascia la magistratura, per trasferirsi a Roma e prestare servizio al Ministero di Grazia e Giustizia. Dal 1992 Palermo svolge il suo impegno come avvocato di parte civile in numerosi processi di mafia, e di stragi di Stato.

Il processo contro i responsabili della strage di Pizzolungo ha visto condannare alcuni boss mafiosi, che però non erano gli unici a volere la morte dell’ex magistrato. C’erano anche persone molto in alto, potenti: degli intoccabili. Si tratta di personaggi che sono stati solamente sfiorati dall’indagine su droga e armi che il magistrato stava seguendo. La droga proveniva dalla Turchia ed era diretta in Sicilia, dove veniva raffinata, per poi prendere la via della Francia e degli Stati Uniti. Le connessioni tra mafia e terrorismo, attraverso lo scambio di armi contro droga, erano già evidenti, come pure erano evidenti i limiti relativi agli strumenti di cui i magistrati si potevano avvalere nelle loro investigazioni, per via degli ostacoli derivanti dalla territorialità dell’esercizio dell’azione penale. Nell’aprile del 2006, Margherita Asta, l’unica figlia di Barbara Rizzo Asta rimasta in vita, ha chiesto la creazione di un’inchiesta parlamentare sulla strage in cui perirono la madre e i suoi due fratellini. Secondo l’avvocato della donna, Giuseppe Gandolfo, i processi sui mandanti della strage hanno svelato solamente il ruolo svolto dalla mafia, ma non la commistione tra politica, mafia e massoneria. Gli esiti dei processi hanno condotto a quattro ergastoli comminati ai quattro boss mafiosi, Riina, Virga, Madonia e Di Maggio, ma non hanno consentito di svelare pienamente i contorni della vicenda. Del resto la maggior parte delle inchieste giudiziarie condotte dall’ex giudice Palermo, prima del suo trasferimento a Trapani, hanno investito in prevalenza il nord Italia. L’attentato di Pizzolungo è stato dunque deciso in ragione di quelle inchieste, ed in particolare di quel quarto livello, quell’area grigia che si è venuta a creare tra politica, massoneria deviata e Cosa nostra, su cui a lungo l’ex magistrato aveva investigato durante i suoi anni di lavoro a Trento.

Gli ostacoli più pesanti, quelli che potarono all’avocazione dell’inchiesta sul traffico d’armi, Palermo li incontra quando comincia ad indagare sul presidente del consiglio Craxi. Nel 1996 Carlo Palermo venne chiamato a testimoniare dai magistrati di Torre Annunziata che indagano sul traffico di armi di cui si era occupato a Trento. Quando li accompagna a Venezia per consegnare loro i documenti relativi al suo lavoro, trecento mila pagine racchiusi in faldoni custoditi nell’archivio della procura di Venezia, si accorge che gran parte di essi sono spariti. Nel suo libro “Il quarto livello”, Palermo racconta di un personaggio molto importante in relazione al capitolo svizzero della vicenda Roberto Calvi – Banco Ambrosiano, vale a dire Alfred Hartmann, nel corso dei primi anni Settanta direttore generale dell’Union de Banques Suisse. Dopo un decennio circa di lontananza, Hartmann torna sulla scena bancaria svizzera come direttore della Rotshild Bank di Zurigo, e nell’ 83 viene nominato presidente dell Banque de Commerce et de Placements di Ginevra (Bcp). Quest’ultima era controllata dalla Bank of Credit and Commerce International (Bcci), una banca internazionale specializzata nel riciclaggio e nelle operazioni connesse al traffico di armi e di droga. Hartmann è stato anche consigliere di amministrazione della Banca del Gottardo, oltre che della Royal Bank of Scotland di Zurigo. Nel 1991 Hartmann è vicepresidente della Rothshild Bank di Zurigo, posto che sarà costretto a lasciare a seguito dello scandalo scoppiato a carico di Jurg Heer, un funzionario della stessa banca, suo stretto collaboratore.

Nel 1992 Heer, in un’intervista rilasciata al Wall Street Journal, e in seguito anche al settimanale Panorama, racconta di avere consegnato una valigetta contenente 5 milioni di dollari ai killer mafiosi di Roberto Calvi. La borsa gli era stata consegnata assieme ad una metà di un biglietto da 100 dollari, con l’incarico di affidarla ai possessori dell’altra metà della banconota. Heer ha dichiarato di non sapere in quel momento che i due uomini erano i killer di Calvi, ma di averlo scoperto solo in un secondo momento. Il denaro proveniva dai fondi di Rizzoli, una parte dei quali era stata accantonata da Ortolani, Gelli e Tassan Din, e nascosti nei conti della Rothshild Bank. Risulta che i conti denominati Zirka e  Recioto, utilizzati da  Ortolani e Tassan Din per nascondere i fondi destinati alla ricapitalizzazione  della Rizzoli, venivano gestiti, tramite un rapporto fiduciario,  da Marc Odermatt, socio di ‘affari di Jurg Heer nella vicenda Castori Holding. Sempre nel libro di Palermo, il figlio di Roberto Calvi, Carlo racconta che Jurg Heer svolge un ruolo importante nella vicenda del Banco  Ambrosiano, a prescindere dall’attendibilità delle sue affermazioni.  Infatti, per diverso tempo, tutte le operazioni estere legate al filone Ambrosiano-Rizzoli, vengono realizzate attraverso la Banca Rothshild di Zurigo. A conferma di ciò, risulterà che la maggior parte dei documenti contabili accumulata nel corso della liquidazione dell’Ambrosiano, e legata a tali operazioni, porta in calce la firma di Jurg Heer e del suo collega Gilber de Botton, direttore generale della Rothshlid.

(cm)

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