Balducci e Anemone: la “cricca” degli appalti pubblici

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Si è svolta ieri, davanti all’ottava sezione penale del tribunale di Roma la nuova udienza del processo contro l’associazione criminale che vede imputati l’ex provveditore alle opere pubbliche, Angelo Balducci, gli imprenditori Diego e Daniele Anemone, l’ex responsabile della protezione civile, Guido Bertolaso, l’ex commissario straordinario ai mondiali di nuoto Claudio Rinaldi, il funzionario pubblico Mauro Della Giovanpaola, l’ex provveditore alle opere pubbliche in Toscana Fabio De Santis ed altre 11 persone.

L’indagine è nata a Firenze nel 2010, con la scoperta di un sistema di corruzione relativo i lavori per la costruzione della Scuola dei Marescialli. E veniva di seguito trasferita prima a Perugia e quindi a Roma. La ricostruzione fatta dai pm Roberto Felici e Ilaria Calò, titolari dell’ inchiesta, è partita dalla definizione fatta dai pm di Firenze, che descrivono  come “gelatinoso” il sistema di appalti e delle commesse pubbliche riconducibili all’ex provveditore ai lavori pubblici Angelo Balducci.

E così il gip fiorentino rinviava a giudizio, in quello che è stato il primo troncone dell’inchiesta, l’imprenditore Diego Anemone, e i funzionari Mauro Della Giovanpaola e Fabio De Santis.

Dalle intercettazioni dei Ros era però già emerso come il sistema di potere Balducci-Anemone avesse influenzato buone parte delle principali gare relative a lavori di rilevanza nazionale.

E’ così, dunque, che il processo di Firenze si riunisce a quello sul G8 della Maddalena e a quello dei lavori per i Mondiali di nuoto di Roma 2009  (e ad altri sulle grandi opere), presso il tribunale di Roma, dove, nel settembre del 2013, il gip Massimo Di Lauro rinvia a giudizio Guido Bertolaso, Diego e Daniele Anemone, Angelo Balducci, Claudio Rinaldi, Mauro Della Giovanpaola, Fabio De Santis ed altri 11. Il 30 maggio del 2014 è poi scattato il sequestro del Salaria Sport Village e di tutte le altre attività riconducibili, tramite delle società fiduciarie, al gruppo dei due fratelli Anemone.

Tale sequestro, disposto dal Tribunale di Roma sezione misure preventive, viene giustificato in quanto Diego Anemone è un soggetto, si legge sulle carte processuali, “dedito abitualmente a traffici delittuosi, in relazione al vivere abitualmente con proventi di attività delittuose, in un particolare contesto criminale che opera in altissimi ambienti istituzionali”.

I pm Felici e Calò descrivono l’associazione criminale riconducibile agli imputati come la messa in atto di un uso “sistematico della corruzione e di articolati illeciti tributari diretti a camuffare erogazioni di tangenti ed il reinvestimento dei proventi delle attività illecite”.

Dalle indagini è dunque emerso “un fenomeno di corruzione esteso e sistematico che vedeva da un lato un’intera gerarchia di funzionari pubblici corrotti, e dall’altro un numero chiuso di imprese favorite, prime fra tutte quelle del gruppo Anemone”.

Le novità introdotte dai testi auditi nell’udienza di ieri

Il sistema corruttivo si basava, quindi, su appalti truccati relativi a grandi opere o a grandi eventi, vinti sistematicamente dalle stesse imprese, grazie al pagamento di tangenti sotto forma di denaro contante o di appartamenti venduti a prezzi inferiori rispetto al loro valore reale.

Manfredi Geraldini

Lo schema viene ricostruito dal teste Manfredi Geraldini, che dichiara, su domanda del pm Felici,  di avere venduto tre unità immobiliari di una stessa palazzina, sita in via della Pigna, dietro il Pantheon. Titolare della palazzina sarebbe stato l’immobiliarista di Bolzano Peter Paul Pohl (avendola acquistata nel 2003 dal Vaticano). In poco tempo l’immobile passa ad Immobilpigna srl, il cui rappresentante legale è Diego Anemone, fiduciario di Lorenzo e Filippo Balducci.

A parziale saldo di quella palazzina l’architetto Angelo Zampolini emette, per conto degli Anemone, un assegno da 350 mila euro all’ordine di Schlandeserser Bau Gmbh srl di Merano, facente capo a Pohl. Il 5 novembre Zampolini emette altri due assegni il primo di 65 mila euro intestato a Giampiero Scardaoni, il secondo dell’importo di 435 mila euro, a Manfredi Gerardini. Tale somma sarebbe stata usata dal figlio di Angelo Balducci, Lorenzo, quale acconto relativo all’acquisto di un appartamento in via della Pigna 19. Sempre da quell’immobile, la famiglia Balducci acquista altri due appartamenti

Daniela Degan

In relazione alle attività in comune tra Diego Anemone e Angelo Balducci, la teste di professione commercialista, Daniela Degan, dichiara di avere costituito una società fiduciaria, la Stube spa, in nome e per conto dei fratelli Anemone, per l’intestazione fiduciaria di quote societarie: in particolare le società risalenti ai fratelli Anemone sono tre: Sociatà Sportiva Romana srl, la Immobilpigna srl e il Salaria Sporting Village.  Tutte e tre erano possedute attraverso fiduciarie create dalla Degan, i cui beneficiari erano: Lorenzo e Filippo Balducci per la Immobilpigna srl, i fratelli Anemone per il Salaria Sporting Village, Daniele Anemone per la Società sportiva Romana srl. Dopo un anno Immobilpigna srl vende tutte le unità immobiliari al costruttore Luca Parnasi, realizzando il plusvalore record di 4 milioni di euro. A tal riguardo  ha dichiarato: “Ci accordammo con Diego Anemone per un prezzo complessivo di 12,5 milioni di euro più l’iva pari a 1,7 milioni. Che io sappia, prima dell’acquisto da parte mia non sono stati fatti lavori. Ho provveduto a ristrutturare completamente l’intero immobile che era quasi un rudere”.  Anche se dalla contabilità della Immobilpigna risulterebbe una fattura da 4,3 milioni, intestata alla ditta Anemone, per lavori di restauro. Secondo la guardia di finanza, tale fattura sarebbe stata “Liquidata con molteplici pagamenti effettuati nell’arco del 2005. E’ stato appurato che i lavori di ristrutturazione non sono mai stati eseguiti dall’impresa emittente né da altre società riconducibili al gruppo Anemone. Il plusvalore derivante dalla compravendita immobiliare sarebbe stato abbattuto fiscalmente attraverso il ricorso a una fattura per operazioni inesistenti emessa da una società del medesimo gruppo”. (tratto da Romanzo Immobiliare di E.Beretta)

Natalia Muzzati

Altro teste la cui deposizione appare di una certa rilevanza è Natalia Muzzati, soprannome Lili, funzionario del ministero delle infrastrutture e stretta collaboratrice di Balducci. Il ruolo della Muzzati è risultato essere determinante in relazione all’assegnazione dei lavori per i mondiali di nuoto.

La funzionaria del MLP racconta di come, essendo impiegata presso la direzione del personale presso il ministero, sia stata portata dall’on. Francesco Rutelli alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.  Il figlio delle Muzzati, l’ingegnere Fabio Frasca, risulterà anche lui determinante all’interno del sistema della “cricca”, in quanto veniva caldeggiato all’imprenditore De Vito Piscitelli – così questi ha dichiarato – per la realizzazione della progettazione delle gare alle quali veniva invitato. Un'”opzione” obbligata per avere maggiori possibilità di aggiudicarsi l’appalto.

La Muzzati racconta di come l’ing. Della Giovanpaola fosse un professionista privato che aveva ricevuto una veste pubblica di coordinatore della struttura tecnica grazie all’intervento delle presidenza del consiglio. Della Giovanpaola era consulente dei lavori per il G8 della Maddalena. Muzzati riferisce di avere presieduto la Commissione incaricata di verificare i requisiti richiesti e le competenze tecniche dei vari candidati invitati alle gare per la realizzazione di opere pubbliche o grandi eventi. Le gare complessive erano dieci e i bandi previsti erano aperti a livello europeo, secondo l’offerta economicamente vantaggiosa. Le varie offerte poi passavano all’esame delle commissioni tecniche (in tot. 10), i cui membri variavano, nominati di volta in volta dal responsabile della struttura tecnica, l’ing. Fabrizi. Muzzati dichiara che l’ing. De Santis era stato assunto da lei al ministero dei Lavori Pubblici, e poi da lei “incontrato nuovamente” presso la struttura tecnica. Nel 2007 il teste Muzzati ha ricoperto la carica di Provveditore ai lavori pubblici. Riguardo all’aggiudicazione delle gare, il punteggio massimo era 70, anche se non sempre la gara veniva assegnata a chi aveva totalizzato il punteggio numericamente più alto. Ogni gara veniva considerata a se stante. Ogni appalto aveva la sua commissione tecnica, chiamata ad esprimere un giudizio tecnico, successivo all’esame dei requisiti.  (segue)

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