Ponzellini e la banca per gli amici

Massimo Ponzellini

L’ex presidente della Banca Popolare di Milano, Massimo Ponzellini, è stato rinviato a giudizio dal gip Alessandro Simion. Ponzellini è accusato, assieme ad altre 14 persone, di reati che vanno dall’associazione a delinquere, all’appropriazione indebita al riciclaggio, solo per citare quelli più gravi: avrebbe creato, in concorso con altri, una struttura parallela alla banca e deviata, attraverso la quale avrebbe distribuito 233 milioni di euro di finanziamenti illeciti a soggetti diversi, tra i quali anche persone segnalate da ambienti politici e imprenditoriali. In cambio Ponzellini avrebbe ottenuto tangenti per un importo che si aggirerebbe sui 2,4 milioni di euro.

Nell’ordinanza di perquisizione locale e personale con la quale chiede e ottiene gli arresti del manager, la procura di Milano scrive: “Emerge con sempre maggior forza, durante il periodo di presidenza di Ponzellini alla BPM, la sistematicità di un mercimonio, che non si è arrestato di fronte ad alcuna barriera, sia pure quella di provenire a finanziare soggetti in rapporti con la criminalità organizzata”.

La BPM è per tradizione la banca dei milanesi, un istituto di credito i cui correntisti sono sempre stati, in maggioranza, cittadini di Milano, così come milanesi sono sempre state le imprese ed i privati ai quali la banca ha erogato crediti. Attraverso questa politica l’istituto è diventato, dal 1865, anno in cui è stato fondato, al 2012, l’undicesima banca per capitalizzazione in Italia, con un milione e trecentomila clienti. Con i due anni e passa di presidenza Ponzellini la situazione si capovolge, e gli impieghi dell’area di Roma diverranno primi in assoluto per importo, rispetto al resto d’Italia.

Storia e frequentazioni di un banchiere sui generis

Bolognese, sessantaquattrenne, di famiglia agiatissima, Massimo Ponzellini oltre ad avere sposato una Segafredo, racconta di se di avere una passione per le donne e le auto di lusso.

La storia vuole che da ex braccio destro di Romano Prodi, quando questi ricopriva la carica di ministro dell’Industria (1978-79), Ponzellini sia passato nel 2002 al centro destra, grazie all’amicizia di Luigi Bisignani, ma soprattutto a quella di Giulio Tremonti. Ed è proprio l’ex ministro dell’Economia che, in forza di un accordo con l’ex segretario della CISL Sergio Bonanni, essendo che la Cisl era l’associazione di maggior peso all’interno dell’associazione dei soci-dipendenti della banca, “Amici di BPM”, lo nomina nell’aprile del 2009 ( con il benestare di Umberto Bossi ) presidente di BPM.

Nel giugno del 2011 Bankitalia sottopone BPM a un’ispezione, al termine della quale trasmette gli atti alla procura di Milano. Agli ispettori balzano agli occhi, oltre alle gravi lacune nella governance della banca, i criteri di concessione dei crediti ed il mancato rispetto dei presidi antiriciclaggio. Da un attento esame dei bilanci, i magistrati individuano una situazione ancor più grave:  una grave incoerenza tra gli impieghi e la vocazione dell’istituto. In particolare la concessione del 43% dei crediti erogati al settore immobiliare, rispetto al settore manifatturiero tradizionalmente più vicino alla banca. In più la gran parte dei crediti vengono concessi a gruppi i cui titolari sono legati al Ponzellini da rapporti di stretta amicizia, come il gruppo Ligresti, il gruppo Caltagirone, il gruppo Finsevi ed il gruppo Atlantis (Corallo), ed in relazione ai quali vi è stata una diretta attivazione dello stesso presidente dell’istituto.

Il quadro probatorio ricostruito dalla procura delinea la presenza di un sodalizio delinquenziale i cui responsabili sarebbero, oltre al Ponzellini, Francesco Corallo, patron della Atlantis, nonché figlio di Gaetano Corallo, vicino alla mafia e amico del boss catanese legato ai corleonesi, Nitto Santapaola, il direttore generale della BPM Enzo Chiesa, il commercialista Guido Rubbi, l’ex parlamentare PDL Marco Milanese, l’avvocato Onorio Battista Amoroso, l’ex consulente personale di Ponzellini Antonio Cannarile.

Il duo Ponzellini-Cannarile

Proprio quest’ultimo, assieme a Ponzellini, sarebbe stato il creatore della “struttura parallela”, con la collaborazione del dg della banca, Enzo Chiesa. Secondo il gip “il rapporto Ponzellini-Cannarile è oltremodo anomalo ed espressione di un accordo di base in virtù del quale il primo è stato posto a fianco del secondo per tutelare determinati interessi presso BPM. Per altro verso – prosegue il gip – Ponzellini, tramite Cannarile, si assicura il contatto con tali interessi, data la possibilità di quest’ultimo di accedere ai massimi livelli imprenditoriali, politici e istituzionali.

I soggetti che si rivolgono a Cannarile, dal canto loro, sono consapevoli di utilizzare un canale non ordinario di BPM”. Da notare che Cannarile non era dipendente della banca, ma risultava legato a Ponzellini da un contratto di consulenza, per il quale avrebbe ricevuto compensi per 50 mila euro lordi l’anno (il gip oltre a definirlo vago e indeterminato, scoprirà un ulteriore rimborso spese di 62 mila euro, incompatibile con l’attività svolta). Inoltre Cannarile, classe ’74, aveva avuto in precedenza solo un incarico, nel 2003, come amministratore delegato della Francavilla Multiservizi, società partecipata dal comune di Francavilla, rapporto di lavoro conclusosi nel novembre del 2005. La Francavilla Multiservizi Fontana spa, che sotto la guida di Cannarile passerà da una perdita di 80 mila euro, a 120 mila euro, verrà dichiarata fallita nel 2009 dal tribunale di Taranto.

Ciononostante Antonio Canarile diventa l’alter ego di Ponzellini, in particolare viene delegato a seguire le pratiche per l’apertura di linee di credito in favore di politici e imprenditori, o per dirla con le parole del gip: il “soggetto delegato a seguire i rapporti dai quali derivano pagamenti corruttivi”.

La passione per il gioco d’azzardo

Uno degli elementi ricorrenti nella vicenda BPM-Ponzellini, è la presenza di amici in affari nel mondo del gioco d’azzardo. A partire da Antonio Cannarile, socio di Marco Dell’Utri, figlio di Marcello, nella Jackpot Game. Secondo le cronache, sembrerebbe stato proprio Marco Dell’Utri a presentare Cannarile a Ponzellini. Francesco Corallo, che nel 2004 ha ricevuto dallo Stato italiano la concessione per il 30% del mercato delle slot-machine, malgrado la società intestataria della concessione, la Atlantis World-Betplus, abbia sede nel paradiso fiscale delle Antille Olandesi, e sia da questi controllata attraverso una serie di società off-shore e di trust.  Francesco Corallo, che secondo sentenza emessa nel 2010 dal Tribunale penale di Roma non ha rapporti personali ne di affari col padre Gaetano, è fino ad ora latitante, a seguito di un mandato di cattura per associazione a delinquere spiccato nei suoi confronti dai giudici di Milano, per i fidi a lui concessi da BPM, dietro la dazione di laute tangenti.

Sempre nelle Antille, per la precisione nell’isola di Sint Marteen, Francesco Corallo possiede tre casinò. E proprio in quest’ isola si sarebbe nascosto da latitante nel 1986 – secondo le dichiarazioni del pentito Angelo Siino – Nitto Santapaola, a seguito dell’omicidio del prefetto di Palermo, generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro, e dell’agente di scorta Domenico Russo. Ed è la passione per il gioco d’azzardo ad aver trasmesso al figlio il padre Gaetano, avendo fondato nel 1982 in questa stessa isola il casinò Rouge et Noir. Gaetano è stato condannato a sette anni di reclusione per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione – nei primi due gradi di giudizio era associazione mafiosa – avendo partecipato alla tentata scalata da parte di Cosa nostra al Casinò di Sanremo. In passato Corallo senior, organizzava a Catania viaggi con soggiorno nei casinò delle Bermuda e dell’ex Jugoslavia. Cosa nostra ha da sempre privilegiato l’attività dei casinò, essendo questa un eccezionale strumento per il lavaggio dei fiumi di denaro liquido proveniente da attività illecite, principalmente il commercio degli stupefacenti.

VLT: Il concessionario è attore e arbitro 

Tornando al sodalizio criminale attraverso cui gli imputati avrebbero ottenuto crediti dalla banca grazie alla corruzione, il ruolo determinante è stato quello svolto da Francesco Corallo e dalla sua Atlantis World-Betplus. Corallo, sulla base di un accordo stipulato con Marco Milanese, accordo volto al reperimento delle risorse destinate ad offrire copertura economica al decreto Abruzzo 2009, chiede alla BPM un prestito per potere acquistare le slot machine necessarie. Per inquadrare meglio il ruolo di Francesco Corallo, occorre partire dall’assunto secondo cui lo Stato italiano, per reperire maggiori entrate in modo agevole, ha puntato molto sul gioco d’azzardo legale, che, con un volume di affari vicino ai trenta miliardi di euro e soprattutto a causa della riscossione agevolata, ha costituito e costituisce un interlocutore privilegiato per i governi di vario colore che si sono seguiti nell’ultimo decennio.

A onor del vero c’è da dire che il vantaggio è stato reciproco, in quanto, oltre a godere di un trattamento fiscale privilegiato, con condoni e chiusure di un occhio, e spesso di tutti e due, tale canale di riscossione ha svolto un ruolo decisivo in particolare nella regolamentazione normativa dell’intero settore. Questo è quanto ha raccontato ai magistrati di Milano Guido Marino, titolare della Mag Associati, uno studio di consulenza fiscale con sede a Roma, che negli anni passati ha offerto i suoi servigi ai Monopoli di Stato, e che vanta attualmente tra i suoi clienti Sisal, Snai e Lottomatica.

La collaborazione tra la Mag Associati e la Atlantis avviene in epoca antecedente alla presentazione da parte del governo, della disciplina legislativa relativa alle Video Lottery (VLT), le slot machine di ultima generazione. Il consulente, dietro richiesta della Atlantis, ha elaborato uno studio sulla disciplina delle caratteristiche tecniche delle macchine, sui loro luoghi di ricezione, nonché sulla determinazione di un’aliquota di imposta. Lo studio è stato in seguito presentato da Atlantis al ministero dell’Economia e delle Finanze, ed in seguito assunto dai Monopoli di Stato quale proposta normativa. Come racconterà Marino ai magistrati, lo studio si basava sull’accordo stipulato tra Milanese e Corallo in relazione al decreto Abruzzo 2009. Dunque ci troviamo di fronte ad un giocatore, Atlantis, che ha sede nei paradisi fiscali, che detta le regole all’arbitro, lo Stato italiano, e che in questo caso specifico è anche il figlio di una persona contigua alla mafia, condannata a sette anni e mezzo per associazione criminale.

Il partito delle slot e delle VLT

In questo quadro la politica non solo abdica al suo ruolo naturale di regolatore delle attività produttive, ammesso che le slot machine le VLT lo siano, ma finisce per passare nel campo “avverso”, diventando anche da un punto di vista formale, rappresentante di quegli interessi. Ci riferiamo al fatto che fino al 2008, durante il governo Berlusconi, il rappresentante legale della Atlantis Italia è stato il deputato PDL nonché finiano, Amedeo Laboccetta. Ed è proprio quest’ultimo, come membro della Commissione Finanze della Camera, a presentare un emendamento con il quale viene abolito l’obbligo del certificato antimafia fino al terzo grado di parentela, per l’ottenimento della concessione dei giochi d’azzardo. Nel frattempo Laboccetta, beneficiario di un versamento da 50 mila euro da parte di Corallo, era stato fotografato in compagnia di Fini, seduto al tavolo di uno dei casinò del patron della Atlantis, a Sint Marteen.

Ma il peso di Laboccetta nel settore delle slot e delle VLT si evince quando la procura di Milano indaga Francesco Corallo, nei confronti del quale la Corte dei Conti contesta un danno erariale di 31 milioni, a seguito della scoperta da parte della Guardia di Finanza che le macchine della Atlantis, predisposte nelle aree di fruizione, erano scollegate dal sistema informatico della SOGEI (sistema che calcola per ogni giocata la quota destinata allo Stato), per riciclaggio, a seguito del rilascio della concessione alla Atlantis.

Di fronte al rischio concreto di perdere la concessione, Corallo comincia a fare pressione sul segretario di Gianfranco Fini, affinché si attivi a difesa dei suoi interessi. La Guardia di Finanza si presenta negli uffici della Atlantis per perquisirli, ed ecco che irrompe l’onorevole Laboccetta, che si impossessa di un portatile appartenente a Corallo, dichiarando agli inquirenti che si tratta del suo. Quando, a seguito del parere favorevole della Giunta per le autorizzazioni a procedere, gli esperti informatici della procura di Milano riescono a mettere le mani su questo portatile, si rendono conto che la sua memoria è stata completamente cancellata. Un lavoro svolto in maniera professionale, tanto da non lasciare alcuna traccia.

Altro importante referente in Parlamento nel settore dei giochi era il deputato Marco Milanese, uno dei membri dell’ associazione a delinquere nell’inchiesta sulla BPM. Milanese, ex ufficiale della Guardia di Finanza, dopo aver lasciato l’arma nel 2004 ed essersi laureato, diviene braccio destro di Giulio Tremonti. Viene eletto alla Camera nel 2008, dove diviene membro delle Commissioni bilancio e finanze. Nel luglio del 2011 la procura di Napoli richiede l’arresto di Milanese, con l’accusa di fare parte di una presunta loggia segreta (P4), in forza della quale l’ex finanziere avrebbe rivelato all’imprenditore suo accusatore e vecchio amico d’infanzia, Paolo Viscione, la presenza di due inchieste giudiziarie nei suoi confronti.

Da un’analisi patrimoniale risulterà che dal 2004 al 2007 sui conti correnti dell’ex finanziere erano transitati 6 milioni di euro. Milanese cercherà di giustificarne la provenienza dicendo che si trattava dei proventi di una vendita immobiliare. In realtà erano la prova della tangente versata da Viscione. Ma nel settembre dello stesso anno, grazie ad un accordo tra Lega e PDL, Milanese si salva: la Camera vota in maggioranza contro il suo arresto (320 no contro 306 si). In seguito la procura di Roma chiederà la condanna di Milanese ad un anno, per una presunta tangente da 250 mila euro, tangente mascherata attraverso la vendita di un’imbarcazione, in relazione alla nomina di Fabrizio Testa a presidente della Tecnosky, società controllata da ENAV.

(cm)

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