Una truffa immobiliare ai danni del Vaticano. Un palazzo situato nel centro di Londra, ceduto dalla Santa Sede ad un fondo di investimento per essere valorizzato, ma il cui controvalore non sarebbe mai stato restituito una volta scaduto il fondo. Questo è in sostanza l’ultimo scandalo che ha investito il Vaticano, ed in particolare la Segreteria di Stato, che nel 2013 avrebbe firmato un accordo con il fondo di investimento lussemburghese Athena, riconducibile al finanziere italiano Raffaele Mincione.
Valutato 160 milioni di euro prima di essere conferito nel fondo in questione il palazzo, che si trova a al n.60 di Sloane Avenue nel cuore del prestigioso quartiere londinese di Chelsea, sarebbe stato ceduto da una multinazionale immobiliare che lo aveva in gestione ad una società incorporata nell’isola di Jersey. Quando però il fondo di investimento viene liquidato il corrispettivo in denaro, sottoscritto dalla segreteria di Stato vaticana, non sarebbe mai stato restituito. E in più l’immobile in questione ora avrebbe un nuovo proprietario, a dimostrazione del perfezionamento della cessione del bene.
Tra le voci sulla responsabilità della mancata rivendicazione dell’immobile, voci che si rimpallano tra il titolare del dicastero, il cardinale Pietro Parolin, ed i suoi sostituti gli arcivescovi Angelo Giovanni Becciu e Edgar Pena Parra, la questione viene totalmente ridimensionata, sminuendola ad una banale cattiva consulenza offerta a Papa Francesco.
Come riferito dal Corriere le posizioni dei tre porporati menzionati, tutti sospesi così come il segretario di Becciu mons. Mauro Carlino, riportano in merito ai rapporti con il fondo Athena, al quale sia monsignor Carlino che mons. Pietro Perlasca, al tempo dei fatti controllore della cassaforte della Segreteria di Stato, furono indirizzati su consiglio delle banche svizzere Credit Suisse e UBS.
Il caso sarebbe esploso dopo che lo IOR, la banca vaticana Istituto per le Opere Religiose, si sarebbe rifiutato di concedere una linea di credito a monsignor Pena Parra, nominato da Papa Francesco Sostituto della Segreteria di Stato. L’importo richiesto, pari a 150 milioni, sarebbe servito in base alla ricostruzione dei fatti a rivendicare la completa proprietà del palazzo ceduto inizialmente al 50% al fondo lussemburghese.
Sullo sfondo vi sarebbe uno scontro in atto tra lo IOR e la Segreteria di Stato vaticana, scontro che avrebbe raggiunto il punto più alto con l’invio degli uomini della magistratura vaticana sia presso gli uffici della Segreteria di Stato che presso la sede dell’organismo di antiriciclaggio (l’AIF), l’autorità che veglia sulla trasparenza delle attività dello IOR.
Al centro delle indagini vi sarebbe proprio l’operato di monsignor Pena Parra, anche se di fatto ad essere indagato sarebbe solo il suo braccio destro, mons. Paolo Borgia assessore per gli affari generali.
In un’intervista ottenuta dal Corriere della Sera e pubblicata domenica 13 gennaio, Mincione ha spiegato come il piano per l’edificio di Sloane Avenue fosse quello di cambiare la sua destinazione da ufficio a residenziale, e poi venderlo per 600-700 milioni di sterline. Il profitto ottenuto da Mincione sarebbe, secondo lui, del 2% all’anno, circa 16 milioni di euro.
Per Mincione la perdita di reddito sull’investimento è dovuta al lungo tempo necessario per ottenere la licenza di costruzione, dicembre 2016, nonché al calo degli affitti derivante dalla Brexit e dal conseguente crollo della sterlina.
Nel 2018 monsignor Becciu è stato sostituito da monsignor Pena Parra e il funzionario vaticano Fabrizio Tirabassi ha notato l’esistenza di un buco nei rendimenti programmati.
Mincione ha affermato che, secondo le previsioni, dopo la ristrutturazione dell’edificio l’affitto degli appartamenti come residenziali avrebbe dovuto rendere il 4%, 14 milioni di sterline (15.981 milioni di euro).
Dopo aver realizzato dell’esistenza del buco, il Vaticano decide di acquisire il 100% dell’edificio, rilevando la quota del 55% di Mincione. Secondo Mincione, il valore ottenuto dalla vendita della sua quota sarebbe stato di 44 milioni di euro.
Il finanziere ha aggiunto poi che su quell’edificio esiste anche un’ipoteca di 130 milioni di sterline, e che l’intero edificio costerebbe complessivamente 320 milioni di euro (287 sterline). Secondo Mincione il valore di quel palazzo sarebbe di circa 390 milioni di euro, e che il reddito finale ottenuto del Vaticano sarebbe di 70 milioni in 4 anni. Ma questa è solo la sua teoria.
Ad agosto Papa Francesco aveva modificato la composizione della Segreteria, nominando Sostituto agli Affari Generali monsignor Pena Parra al posto di mons. Pietro Perlasca, quest’ultimo scelto dal cardinale Tarcisio Bertone (quello dell’attico da 700 metri quadri al terzo piano di Palazzo S.Carlo i cui lavori di ristrutturazione costati 300 mila euro furono pagati due volte dalla Fondazione Bambin Gesù e dal Governatorato) ma spedito dal Papa a ricoprire l’incarico di Promotore di Giustizia.
L’ altro componente della Segreteria di Stato sostituito da Papa Francesco era stato Carlo Maria Polvani, che dal 2007 guidava l’Ufficio Informazione e documentazione (IUD), l’ufficio attraverso cui passano le informazioni poi diramate alle varie testate della Santa Sede.
Nipote di Carlo Maria Viganò, l’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti nonché grande accusatore del Papa, Polvani era stato chiamato nel 2012 a testimoniare nel processo per lo scandalo Vatileaks, ed in seguito rimosso dall’incarico in Segreteria e trasferito dal Papa al Pontificio Consiglio per la Cultura.
Al posto di Polvani Papa Francesco aveva nominato mons. Mauro Carlino, da tempo collaboratore dell’ex Sostituto mons. Angelo Maria Becciu.
Anche il Capo dell’Ufficio Giuridico della Segreteria, mons.Sergio Aumento, era stato rimosso, e rispedito alla diocesi di appartenenza, nell’astigiano.
Il palazzo a Londra e la società a Jersey
Secondo una visura presso l’HM Land Registry il trasferimento di proprietà del palazzo situato nel quartiere londinese di Chelsea, gestito per conto del Vaticano dalla multinazionale immobiliare Deka Immobilien Investment GmbH, in favore della società 60 SA Limited, società incorporata nell’isola di Jersey, sarebbe stato registrato in data 31.12.2012.
L’indirizzo della società acquirente sarebbe precisamente al 3° piano della Standard Bank House al n.47-49 di La Motte Street St Helier, Jersey .
La gestione del immobile sarebbe avvenuta attraverso un intermediario, ovvero la società Capital Investment Office Limited di Londra (53-54 Grosvenor Street).
La Capital Investment Office Ltd sarebbe stata incorporata nel luglio 2009 e sarebbe stata cancellata dal registro Company House nel marzo 2015.
Oltre che azionista al 50% fino al suo scioglimento Raffaele Mincione risulta essere stato anche direttore dal dicembre 2009 fino al marzo 2011.
A tale data sarebbe stato sostituito nella medesima posizione da Massimo Catizone, in carica fino all’agosto del 2013. Catizone risulta essere stato anche titolare dell’altro 50% del capitale, sostituito poi fino allo scioglimento da Simon Jeremy Fry.
Il prezzo di acquisto dell’immobile sarebbe stato di 129.076,146 sterline.
La società venditrice, la Deka Immobilien Investment GmbH, è una multinazionale nel settore immobiliare con sede a Francoforte, in Germania.
Come riportato dal sito polyteck.co.uk, la società polyteck che si occupa della gestione del palazzo di Sloane Avenue ha stipulato con la proprietà un contratto annuale di manutenzione del valore di 200.000 sterline.
Da Pomezia a Londra via Granducato
In un articolo del marzo 2018 l’Espresso descrive il finanziere Raffaele Mincione come un rider senza scrupoli, dotato di molte amicizie nei palazzi del potere.
Trasferitosi a Londra negli anni ’90, da Pomezia, l’uomo comincia ad appassionarsi al mondo degli investimenti internazionali, tra Russia, Malta e Jersey, mostrando una certa predilezione per i fondi lussemburghesi.
In Italia entrano nel suo mirino le banche, soprattutto quelle che navigano in cattive acque, e le telecomunicazioni con Retelit.
Il finanziere fa dapprima il suo ingresso in Carige, che già non se la passava molto bene e che fallirà qualche anno dopo. Nel febbraio 2018 dichiara di essere in possesso del 5,4% del capitale della banca. Subito dopo chiede di entrare a far parte del cda, ma gli azionisti di maggioranza relativa, Vittorio Malacalza con 20,6% e il petroliere Gabriele Volpi con circa il 9%, respingono la sua richiesta.
In precedenza, nel 2012, Mincione aveva rilevato l’1% del Monte dei Paschi quando lo storico istituto era già avviato verso il fallimento. Capisce subito che la situazione è complicata e decide di liquidare la sua quota. Poco tempo prima, siamo nel 2011, aveva rilevato diverse quote della Banca Popolare di Milano, l’8,7% del capitale.
In quel caso il suo ingresso aveva coinciso con la controversa gestione di Massimo Ponzellini (condannato poi ad un anno e sei mesi per corruzione).
Quando nel 2016 BPM si fonde con il Banco Popolare di Verona, la sua quota risulta diluita al 2%.
Dicevamo come oltre che di banche, Mincione si sia occupato anche di investimenti esteri, in particolare di fondi lussemburghesi.
E proprio nel Granducato, oltre che in Russia, il finanziere pometino avrebbe effettuato una serie di investimenti immobiliari. In quest’ultimo caso i liquidi, parliamo di decine di milioni di euro, gli sarebbero pervenuti da investimenti compiuti in Inghilterra e in Russia. Fondi che a loro volta sarebbero stati triangolati attraverso società offshore con base nei Caraibi e a Cipro.
I fondi Eurasia
Mincione ricopre una serie di posizioni all’interno di società che gestiscono fondi di investimento con base a Cipro. A partire dal 2012 la piccola isola del Mediterraneo è divenuta una sorta di richiamo per investitori di varia origine ed estrazione, per via del basso livello di tassazione. In particolare i conti delle banche cipriote hanno attirato numerosi investitori non europei, in maggioranza russi, anche per via della sua stabilità politica, considerando che nel 2004 l’isola è entrata a far parte dell’Unione Europea.
Recentemente, a seguito delle sanzioni economiche erogate dagli Stati Uniti nei confronti di una serie di uomini d’affari russi, numerosi conti milionari in alcune banche cipriote sono stati congelati. Questo deve avere spaventato gli investitori russi, dato che da allora i loro depositi sono scesi dai 21,5 miliardi di euro del 2012, ai 7,1 miliardi del 2018.
L’importanza dei fondi di investimento legati a Mincione rimanda alle vicende relative alla Banca Popolare di Vicenza. Sarebbero in particolare i fondi Eurasia, con base nell’isola di Malta, e quelli Athena, domiciliati nel Granducato, quelli in cui sarebbero confluiti i 100 milioni di euro che l’ex presidente di Popolare di Vicenza Gianni Zonin avrebbe fatto sparire dalle casse dalla banca da lui presieduta, quando questa già versava in cattive acque.
A questi si aggiungerebbero poi ulteriori 250 milioni poi euro, confluiti nei fondi maltesi e lussemburghesi Optimum, gestiti dal finanziere Alberto Matta.
Secondo le carte dell’inchiesta condotta da Consob e da BCE parte di questi soldi sarebbero stati poi utilizzati per acquistare azioni della Popolare di Vicenza.
Un’operazione di riacquisto delle proprie azioni condotta attraverso società offshore, precedentemente finanziate dalla stessa banca.
In base ai documenti i fondi Athena e Eurasia sarebbero arrivati a possedere azioni della Popolare di Vicenza per un importo pari a 30 milioni dei euro.
Quando nell’aprile del 2015 scoppia lo scandalo che investe la banca, tali fondi ne possedevano ancora circa la metà: 16 milioni di euro. La Popolare di Vicenza fallirà nel 2017.
Ma dove sarebbero finiti i soldi? In base all’inchiesta della vigilanza il fondo lussemburghese Athena Capital balanced 1 avrebbe successivamente acquistato obbligazioni della società Time & Life, con sede in Lussemburgo.
La Time & Life è una società incorporata nel Granducato riconducibile a Mincione; l’ammontare dei fondi pervenuti a tale società e provenienti dalla Popolare di Vicenza, sarebbe di circa 10 milioni di euro.
Dalle consulenze finanziarie alle gestioni immobiliari
Il 14 marzo 2013 Raffaele Mincione assieme a Massimo Catizone costituisce la società Capital Investment Advisors LTD, con sede a Londra presso la Global House di Ballard Lane, che si occupa di consulenze nel campo fiscale; il capitale pari a 60 mila sterline è per 48 mila posseduto da Mincione, e per la restante parte da Catizone. Nel maggio 2016 la società cambia nome in WRM Capinvest LTD.
Nel 2016 la società gestiva assets per 2.435.573 sterline, l’anno precedente erano stati circa un milione.
Mincione ricopre anche la carica di Chief Executive Officer nella RM Realty Holdings Corp, società incorporata nel febbraio del 2000 a New York che si occupa di immobili.
Assieme ai cittadini francesi Xavier Soulard e David Giannetti, sempre Mincione sarebbe stato nominato direttore della società POP 18 Sarl, incorporata in Lussemburgo nel 2012.
La società, costituita con un capitale di 12.500 euro dalla lussemburghese Time and Life SA, è una holding che gestisce quote azionarie di imprese, sia lussemburghesi che di altri paesi.
La Time and Life SA risulta essere stata costituita nel settembre 2012 dal trust denominato Capital Investment Trust, incorporato presso le Isole del Canale della Manica e rappresentato dal gestore IFT Trust Company. Dotata di un capitale sociale di 200 mila euro la società ha come oggetto l’acquisizione e la gestione di quote societarie.
Direttori del trust sono ancora una volta Mincione, Soulard e Giannetti.
Secondo quanto riferito da Radiocor nel marzo 2019, Mincione e il Gruppo Conad avrebbero costituito una joint venture nel settore degli immobili legati alla grossa distribuzione. Il nome della società sarebbe Newco Bdc Italia, e il suo capitale apparterrebbe per il 51% a Conad, e per la restante quota a Pop 18 Sarl, che a sua volta farebbe parte del gruppo Wrm. Il consiglio di amministrazione della società sarebbe composto, oltre che dal finanziere Mincione, dall’attuale numero uno di Conad, Franco Pugliese, con quest’ultimo ricoprirebbe anche la carica di presidente del cda.
Il progetto, denominato Monblanc, avrebbe intenzione di acquisire gli immobili italiani del gruppo francese Auchan. Conad avrebbe fatturato, nel 2018, 13,4 miliardi, con una crescita del 3% rispetto all’anno precedente, ed avrebbe una quota di mercato del 13%, molto vicina a quella di Coop che è invece del 14. (cm)